ARTRITE REUMATOIDE - RACHIDE CERVICALE

ARTRITE REUMATOIDE E RACHIDE CERVICALE 

ARTRITE REUMATOIDE - RACHIDE CERVICALE

Il tratto cervicale è composto da 7 vertebre, la prima delle quali è chiamata Atlante o C1 (prima vertebra partendo dall'alto). L'Atlante sopporta il peso statico e dinamico della nostra testa (5 Kg circa), esso ha un ruolo primario e delicato nell'intero sistema scheletrico. si trova a diretto contatto con l'Occipite e L'Epistrofeo (C2 che è la seconda vertebra cervicale che permette la rotazione della testa).


Più dell'80% dei paz. con moderata o severa artrite reumatoide mostrano segni radiografici di interessamento della colonna cervicale.


Le forme più comuni di patologia da A.R. sono:


  • Sublussazione atlanto-assiale;
  • Compressione midollare. 


La colonna vertebrale è priva di cartilagine e l'unica zona nella quale si presenta è lo snodo del rachide, che permette alla testa il movimento destra/sinistra. Ecco perché non bisogna sottovalutare l'eventuale interessamento di tale zona, declassando il problema all'artrosi cervicale.


In corso di artrite reumatoide l'interessamento del rachide cervicale riguarda circa il 60–70% dei pazienti affetti dalla patologia. Le strutture colpite dalla flogosi reumatoide sono le articolazioni cartilaginee e sinoviali, le cosiddette articolazioni di Luschka, l'inserzione di tendini e legamenti e i tessuti molli della regione cervicale. Il coinvolgimento del tratto cervicale può essere asintomatico o rendersi responsabile di importante dolore, limitazione funzionale e di varie manifestazioni neurologiche, quali parestesie, paresi, ipotrofia muscolare, fino alla quadriplegia e morte, soprattutto in caso di malattia particolarmente aggressiva e perdurante da molto tempo.

In questo lavoro si è cercato di individuare i caratteri clinico-radiologici più significativamente associati a sintomatologia neurologica in corso di artrite reumatoide. Particolare attenzione è stata prestata per definire i caratteri morfologici ed il valore degli indici lineari indicatori di compressione midollare per lussazione atlo-assiale.

Dei 27 pazienti (24 donne e 3 uomini, età media di 61 anni) appartenenti alla casistica in esame, solo 3 (11,1%) presentavano esclusivo interessamento del tratto sub-assiale; 19 (70,3%) presentavano esclusivo interessamento radiologico della cerniera atlo-assiale, mentre in 5 (18,6%) era rilevabile coinvolgimento radiologico sia del tratto sub-assiale che della cerniera.

In base alla nostra esperienza, più della metà di questi pazienti sviluppa lussazione atlo-assiale; di questi, a loro volta, circa la metà presenta interessamento neurologico: è a questo gruppo, in cui più frequentemente ricorre la lussazione anteriore pura (nel 57% dei casi, contro il 37,5% di quelli privi di interessamento neurologico), cui deve essere prestata particolare attenzione in quanto suscettibile di trattamento chirurgico decompressivo (odontoidectomia) che può eliminare la causa di compressione midollare altrimenti destinata a «fissarsi» in maniera irreversibile con conseguenti gravissimi disturbi neurologici.

Questo gruppo di pazienti, in base alla nostra casistica, comprende una relativa maggior rappresentazione del sesso maschile, ed una durata media di malattia significativamente inferiore, con conseguente più breve periodo di accertata positività al FR; anche l'età media è significativamente inferiore, situandosi attorno ai 58 anni contro i 64,9 dei pazienti senza interessamento neurologico. In questi pazienti il valore critico di 9 mm di distanza atlo-dentale è stato raggiunto e superato in più della metà dei casi, contro solo il 12,5% dei pazienti senza interessamento neurologico. Parimenti, più frequente è risultata la presenza di cospicuo panno infiammatorio; l'iper-intensità midollare, spia di mielopatia, è stata osservata solo in questi pazienti, nell'86% dei quali l'angolo bulbo-midollare era ristretto per impronta compressiva esercitata dal dente dell'epistrofeo.

La RM si è dimostrata eccellente strumento diagnostico per la valutazione del coinvolgimento del rachide cervicale in corso di artrite reumatoide: è l'unica indagine, infatti, che consente contemporaneamente la visualizzazione diretta del panno infiammatorio, del coinvolgimento del legamento trasverso e dei segni della mielopatia da compressione midollare.


ESPERIENZA PERSONALE


Stranamente se ne parla poco, eppure è un problema di rilievo, se si pensa che il coinvolgimento del rachide cervicale, in particolare, dell'attaccatura occipito cervicale, compromette notevolmente la qualità di vita del malato reumatico.

Il dolore cervicale viene declassato alla più comune artrosi cervicale, ed il suo declassamento comporta un ritardo nella diagnosi ed il relativo degrado dell'importante articolazione.

Nella mia esperienza personale, pensavo fosse un problema di competenza ortopedica, fatto decisamente surclassato dalla realtà. Appare così la figura del neurochirurgo e le comprensibili paure legate alla pericolosa diagnosi. Da ormai 10 anni soffrivo a causa del dolore del rachide e grazie al reumatologo e ad una risonanza magnetica compresi per la prima volta il problema. La diagnosi non dava dubbi: iniziale compressione del bulbo, si consiglia asportazione del dente dell'epistrofeo per via transorale seguita da fissazione occipito cervicale.

Cominciai così la ricerca della possibile soluzione, andai a Pisa e fu subito scartata l'ipotesi di una risoluzione del problema con una tecnica nuova in Italia, che recupera completamente l'articolazione tramite una sorta di protesi articolare.

Nel mio caso, il problema dell'epistrofeo comprometteva il quadro ed il suo spostamento sia orizzontale che verticale, impediva la sistemazione del rachide. Fui così dirottato a Legnano nel reparto di neurochirurgia, dove appresi per la prima volta l'unica soluzione al problema: Artrodesi Occipito Cervicale. In poche parole mi proposero di bloccare l'articolazione mediante mezzi di sintesi, e di riposizionare l'epistrofeo in modo che non vi fosse alcuna compressione del midollo. Non è facile accettare il fatto che il movimento del collo (destra-sinistra), fosse compromesso dall'intervento; i dubbi ti assalgono, pensi ad esempio: "potrò usare nuovamente la macchina"? "che tipo di vita farò dopo l'intervento"?

 

L'intervento durò circa 6 ore, mi bloccarono cinque vertebre di cui tre (c5-c4-c3) con le viti e due (c2-c1) con il filo in titanio, il tutto collegato a due placche occipitali fissate mediante 4 viti. Il post intervento mise in evidenza i postumi del riposizionamento delle vertebre: difficoltà a deglutire, contratture ai muscoli delle spalle, il tutto nonostante l'aiuto dato dal collare Philadelphia. Dopo circa un mese di sofferenza e di infiltrazioni per limitare i dolori da contrattura, tutto sembrò rientrare e sinceramente comincia a sentire i benefici dell'intervento. Finalmente non avvertivo più le fastidiose parestesie alla nuca e l'allineamento della testa era ritornato regolare.

 

Dopo circa tre mesi, ad un controllo radiografico per valutare l'esito dell'intervento, il neurochirurgo notò la fuoriuscita di una vite di fissaggio a livello occipitale. Mi tranquillizzò consigliandomi comunque il suo riposizionamento che avvenne dopo circa una settimana, in anestesia locale.

Estrasse le due viti della piastra destra, che fissò nuovamente con tre viti rinforzate dal cemento. Dopo circa un mese altra doccia fredda: la vite riposizionata uscì dalla sua sede evidenziando una tumefazione molle a livello occipitale.

Seguì l'ennesimo ricovero e l'ennesima doccia fredda: il forte mal di testa che avvertivo e la nausea erano causate da un'infezione cerebellare. Si rese necessario il terzo intervento chirurgico, che servì alla pulizia cerebellare ed all'asportazione dei mezzi di sintesi, ormai compromessi.

Al mio risveglio in terapia intensiva, il neurochirurgo mi rassicurò raccontandomi di aver visto una struttura diversa dal primo intervento, mi raccontò che i mezzi di sintesi in circa 4 mesi avevano permesso una stabilizzazione del rachide e che il collare sarebbe servito per completare il processo di calcificazione; naturalmente mi fu affiancata una terapia antibiotica per contrastare l'infezione.

 

Molte sono le considerazioni alla luce di questa mia triste e personale esperienza:


In caso di una malattia reumatica non sottovalutate mai il dolore alla cervicale, ricorrete immediatamente allo specialista reumatologo per monitorizzare la situazione. La presenza di parestesie a livello occipitale (formicolii alla nuca), sottolineano un problema che deve essere preso in visione dal neurochirurgo. Molto seria è la presenza di scosse agli arti seguita da parestesie degli stessi. 


ESPERIENZA DI SIMONA

 

Soffro di A.R CONNETTIVITE OVERLAP CON LES Dall'82 e scoperta nell'89.

 

Circa 2 anni fa ballando con mio marito ho mosso la testa sentendo un dolore allucinante.

Nelle settimane a seguire si bloccò il collo e mi accorsi di non avere più la rotazione dx/sx e se ci provavo avvertivo un forte dolore. Nonostante il dolore passarono i mesi nei quali ebbi numerosi svenimenti, nausee ripetute, inappetenza; non riuscivo addirittura a dormire più la notte.

 

Il prof S. Bombardieri reumatologo di Pisa mi fece fare la tac, che mise in evidenza in modo chiaro ed inequivocabile il problema. Mi mandò quindi dal Dott.Paolo Lepori neurochirurgo livornese, il quale mi disse che l'A.R aveva fratturato la c1 e la c2 e l'epistrofeo si era spostato di 9 mm.

Misi immediatamente il collare tipo Philaphelfia e la successiva risonanza magnetica certificò la situazione, da qui il ricovero.

Il 4 maggio fui sottoposta ad intervento chirurgico nel quale mi fu applicata una protesi allungabile perché anche il mio occipite risultò interessato. Nello stesso step chirurgico mi asportarono un tassello osseo dalla cresta iliaca dell'anca innestato successivamente al collo. L'operazione durò 7 ore, mi riportarono nel reparto, evitando di fatto la terapia intensiva.

La mattina successiva chiesi al mio neurochirurgo se mi toglieva i drenaggi perché io mi volevo alzare. Mi guardò un tantino perplesso poi controllando che tutto andava bene acconsentì.

La convalescenza è stata buona, il fastidio principale era il collare....e quando comincia a ridurne l'uso, la parte destra del volto doleva molto dandomi la sensazione di intenso bruciore.

 

Dopo 15 giorni mi tolsero i punti, proseguendo la convalescenza per un totale di 2 mesi.

 

Simona 


Artrite reumatoide - Redazione reumatoide.it - Aprile 2021

Torna indietro
Share by: