CHI HA L'ACCOMPAGNO PUO' USCIRE DA SOLO?

CHI HA L'ACCOMPAGNO PUO' USCIRE DA SOLO?

CHI HA L'ACCOMPAGNO PUO' USCIRE DA SOLO?

L’indennità di accompagnamento (o, come qualcuno la chiama, l’accompagno) non viene riconosciuta a tutti i disabili. Non spetta per il solo fatto di avere un’invalidità, anche se si dovesse trattare di un’invalidità al 100%. La legge pone un requisito molto più stringente consistente nell’incapacità a svolgere, da soli, gli atti della propria vita quotidiana. Alla luce di ciò, ci si chiede spesso se chi ha l’accompagno può uscire da solo. Il semplice rischio – ma non la certezza – di poter cadere mentre si cammina è presupposto sufficiente per ottenere l’assegno dell’Inps? 

La questione è stata spesso chiarita dalla giurisprudenza. Proprio di recente, la Cassazione è tornata sul punto a spiegare quando spetta l’assegno di accompagnamento. Ecco tutti i chiarimenti indispensabili per rispondere a queste domande.


A chi spetta l’assegno di accompagnamento


Ai sensi dell’articolo 5 della Legge n. 222/84, ha diritto all’assegno di accompagnamento per l’assistenza personale continuativa chi è già titolare di pensione di inabilità ordinaria o privilegiata purché si trovi in una di queste due condizioni:


  • nell’impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore;
  • oppure non sia in grado di compiere gli atti quotidiani della vita senza assistenza continua.


Questo significa che l’accertamento di una ridotta capacità motoria a causa di una grave menomazione, seppur abbia determinato un’invalidità totale, non è sufficiente ad ottenere l’accompagnamento.


Chi può cadere ha diritto all’accompagnamento?


Ai fini del riconoscimento dell’indennità di accompagnamento «l’incombente e concreta possibilità di cadute» deve tradursi «in una incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita (tale) da rendere conseguentemente, necessario il permanente aiuto di un accompagnatore.

Di conseguenza, la possibilità di cadute costituisce una circostanza da valutare insieme a tutte le altre del caso concreto ai fini del riconoscimento della sussistenza, o meno, del diritto all’indennità di accompagnamento. In buona sostanza, il disabile non deve poter “stare in piedi da solo” per ottenere l’assegno dell’Inps.


Chi ha l’accompagno può uscire da solo?


Per ottenere l’accompagno – abbiamo detto – è necessaria l’incapacità a svolgere da soli gli atti della vita quotidiana o a deambulare senza l’aiuto permanente di un’altra persona. Da questa formula si evince chiaramente che chi ha l’accompagno non potrebbe uscire da solo: semmai dovesse riuscirci, vorrebbe dire o che la valutazione medica, eseguita al momento della richiesta del beneficio, non è stata fatta correttamente oppure che la sua malattia è migliorata nei mesi successivi. Difatti, semmai residuasse in capo al portatore di handicap una – seppur limitata – capacità a camminare da solo significherebbe che, per quanto grave la sua disabilità, questa gli consente comunque la deambulazione in autonomia e, in tal caso, come detto, non c’è spazio per il riconoscimento del beneficio da parte dell’Inps. Dunque, è ben possibile che, in caso di controlli, l’assegno di accompagnamento gli venga revocato per asserito miglioramento.


Diritti del malato - Tratto da laleggepertutti.it - Febbraio 2021

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