PENSIONI: DISABILI E CAREGIVER PENALIZZATI

PENSIONI: DISABILI E CAREGIVER PENALIZZATI

PENSIONI: DISABILI E CAREGIVER PENALIZZATI

Con la Manovra aumenta l’età contributiva anche per chi fornisce assistenza. Un’estensione che, secondo il presidente di FISH Falabella, «rischia di mettere a dura prova un contributo prezioso». Senza contare «l'impatto negativo sul benessere delle persone con disabilità». Come dimostra la storia di Annie Francisca Antonio e di suo figlio Roman.


Sono le 18 di domenica sera e Roman, 22enne padovano con disabilità motoria, sta guardando con attenzione una partita di pallavolo alla tv, seduto sulla sua sedia a rotelle. «Mio figlio ha una diagnosi di tetraparesi spastica con scarso controllo clinico», spiega a Lettera43 Annie Francisca Antonio, 54 anni, filippina con cittadinanza italiana. «Soffre di epilessia focale farmaco-resistente e si alimenta tramite PEG», un tubicino che permette di assumere cibi e liquidi a chi soffre di disturbi organici o legati alla deglutizione. Roman non parla, ma comunica con le espressioni del volto. Ha bisogno di assistenza h24. «Dalle 9 alle 15.30 frequenta il centro diurno L’Iride Rosso, a Padova. Io lavoro come domestica e rientro a casa verso le 17.30», continua Annie Francisca Antonio. «Mio marito lavora come metalmeccanico e torna alle 18.30. Finora al pomeriggio con Roman ci ha aiutati mio figlio maggiore, ma adesso, a causa di impegni lavorativi, non potrà più farlo». Il centro diurno è importante per Roman, perché gli permette di relazionarsi con persone diverse dai suoi familiari e partecipare alle attività proposte dagli operatori ed è anche un valido supporto per la sua famiglia. Però non basta. E non solo perché l’orario di chiusura non coincide con quello in cui la madre di Roman rincasa. «Quando Roman ha la febbre, sta male o il centro diurno è chiuso, ci sono imprevisti da gestire. Fortunatamente ho dei datori di lavoro che hanno preso a cuore la situazione. Quando Roman non sta bene, io sto a casa. Però lo faccio solo nel momento del bisogno estremo. Piuttosto chiamo qualcuno. Per esempio ho attivato anche un contributo familiare per pagare chi viene ad aiutarci». I caregiver in Italia sono secondo l’Istat più di 7 milioni.


L’aumento dell’età contributiva anche per le e i caregiver.


Purtroppo Annie a fine ottobre sarà licenziata, perché la sua datrice di lavoro si trasferirà in un’altra città. Aveva pensato di fare richiesta di pensionamento anticipato, grazie a Opzione donna, una misura che consente alle lavoratrici di andare in pensione in anticipo. Con la nuova legge di Bilancio però le cose sono cambiate. Opzione donna e Ape social sono state accorpate in un fondo unico. Per quanto riguarda le donne, il fondo ora sarà destinato solo a particolari categorie di beneficiarie: caregiver, donne con invalidità superiore o uguale al 74 per cento e lavoratrici licenziate o dipendenti di aziende per le quali è in corso un tavolo di crisi. Purtroppo però gli anni di contributi necessari sono aumentati. Prima delle modifiche le lavoratrici caregiver e le donne con almeno il 74 per cento di invalidità potevano andare in pensione in anticipo con 30 anni di contributi e 6o di età. 60 di età. Ora invece potranno farlo con minimo 35 anni di contributi e 61 di età, anche se, in caso di presenza di figli potrà essere applicata una riduzione di un anno per ogni figlio, nel limite massimo di due anni. Quindi le donne con più figli potranno andare in pensione a 59 anni anagrafici. «Ho 27 anni e otto mesi di contributi. Me ne mancano circa sette di contributi e quattro di età», sospira Annie Francisca Antonio. «Andando in pensione prima avrei potuto seguire Roman più tranquillamente. Invece dovrò cercarmi un altro lavoro». Un problema che riguarda in Italia milioni di persone. Anche se è difficile stabilire il numero esatto delle e dei caregiver familiari in Italia, secondo i dati Istat pubblicati nel 2018 sono più di 7 milioni, pari al 15 per cento della popolazione, mentre stime non ufficiali dell’Istituto Superiore di Sanità parlano di 3 milioni, di cui il 65 per cento sono donne.


L’allarme di FISH: «Il nuovo fondo unico che copre Ape sociale e Opzione donna penalizza le persone con disabilità»


«Le recenti decisioni del governo sul nuovo fondo unico, individuato in legge di Bilancio, che va a coprire le misure di Ape sociale e Opzione donna, sono preoccupanti per le persone con disabilità e per l’intero Paese», commenta Vincenzo Falabella, presidente di FISH (Federazione Italiana Superamento Handicap). «L’estensione del periodo contributivo richiesto per l’accesso alla pensione, da 30 a 36 anni (35 per le donne), e l’aumento dell’età richiesta a 61 anni, comporteranno sfide significative per le lavoratrici, in particolare per coloro che svolgono il fondamentale ruolo di caregiver per familiari con disabilità. Le donne caregiver sono spesso l’anello di congiunzione fondamentale nell’assistenza e nell’inclusione delle persone con disabilità nella società. Queste misure rischiano di mettere a dura prova il loro contributo prezioso». Inoltre, aggiunge, «vi è il rischio di un impatto negativo sul benessere delle persone con disabilità stesse, che potrebbero vedere compromessa la qualità dell’assistenza che ricevono. Tale provvedimento potrebbe infatti fare da volano per una forzata istituzionalizzazione per le persone con disabilità con un aumento spropositato della spesa sanitaria». Il lavoro di cura svolto dalle donne è essenziale e spesso sopperisce alle carenze del nostro welfare. Il governo però sembra non riconoscerlo e, di fatto, lo sta ostacolando. E questo è un paradosso tutto italiano.


Notiziario del malato - lettera43.it - di Adriana Belotti - Ottobre 2023

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